Rèlígo

Le comunità LGBT cristiane in Italia

Introduzione

Fuori la piccola chiesa fa ancora freddo, l’aurora ha i colori dell’arcobaleno, ma dentro le mura c’è già l’inferno. Sergio rimane bello, biondo e impassibile quando la maledizione del prete lo travolge:"Per te non c'è posto in Paradiso. Ricorda."


Sergio Caravaggio è un biondo aitante signore di 50 anni, giunto in quella chiesetta per chiedere una benedizione per un gruppo di giovani da lui accompagnati lungo un pellegrinaggio sulla via Francigena. Il suo peccato agli occhi del prete è di far parte del gruppo "Alle Querce di Mamre" di Cremona, uno dei 30 gruppi LGBT cattolici presenti in Italia, dedicati all’accoglienza di tutte le persone con varie identità di genere o sessuale, e credenti in Dio.


Un omosessuale cattolico.


“L’homosexualitatis problema”, così come fu definitiva l’omosessualità dall’allora cardinale Joseph Ratzinger e dall’arcivescovo Alberto Bovone, in un documento sulla “cura pastorale delle persone omosessuali”, autorizzata dalla Congregazione per le Dottrine Cattoliche della Fede (CDF) nel 01 ottobre 1986, è tutto in quel presbiterio. In questo documento Benedetto XVI affermava che gli atti omosessuali sono “intrinsecamente e oggettivamente disordinati” e ad avvaloramento del suo pensiero poneva l’accento sui passi delle Sacre Scritture in cui il “problema” è apertamente condannato, segnando l’inizio di discussione e confronto linguistico sul tema dell’omosessualità che sarà portato avanti negli anni successivi, insieme alla conferma della cosiddetta “Teologia Naturale” che, prendendo spunto dalla Legge Naturale, impone la dicotomia Uomo/Donna come presupposto unico e indissolubile per la procreazione,finalità ultima di una coppia cristiana, e spesso interpretato anche come aggancio per la definizione di ruoli sociali, professionali e famigliari, in contrapposizione netta con più recenti visioni per cui sesso biologico (dato biologico e naturale con cui ognuno di noi nasce), identità di genere (dato psico-socio-culturale che definisce nel tempo chi diventeremo) e orientamento sessuale (l’attrazione emozionale, romantica e/o sessuale di una persona verso individui di sesso opposto, dello stesso sesso o entrambi), sono situazioni della nostra identità ben separate. Nel corso degli anni l’emissione di documenti da parte del Magistero della Chiesa Cattolica sull’argomento omosessualità ha rappresentato l’unico terreno di dialogo, per di più esclusivamente teologico, per l’accoglienza di persone omosessuali all’interno della Chiesa, ma è solo nel Luglio 2013 che per la prima volta nella Storia, durante il volo di ritorno da Rio de Janeiro in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù, un Pontefice, Papa Francesco,un Pontefice, Papa Francesco, ha nominato la parola “gay” pubblicamente. Un evento epocale, perché da un punto di vista semantico nominare vuol dire esistere e tale certificazione è arrivata dopo millenni di nascondimenti.


Gli omosessuali credenti non sono solo leggi su cui discutere.


Gli omosessuali credenti esistono.




Principali Documenti ufficiali della Chiesa Cattolica Romana

“Alcune questioni di etica sessuale (Persona humana)”
29 dicembre 1975

“La cura pastorale delle persone omosessuali” (Homosexualitatis problema)
1 ottobre 1986

“Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali”
24 luglio 1992

“Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali”
3 giugno 2003

“Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla Collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel Mondo”
31 maggio 2004

“Amoris Laetitia”
19 marzo 2016




Passi biblici

Genesi 19 (1-11)
Levitico 18 (22 e 20,13)
1 Corinzi (6,9)
1 Romani (18-32)
1 Timoteo (1, 10)

Percorsi di fede

Tutto iniziò a Pinerolo, in provincia di Torino, tra fine degli anni ’70 e inizio degli anni ‘80, con la visione profetica di Ferruccio Castellano, un giovane attivista torinese, che cercò di intercettare il bisogno di tanti credenti, sparsi per tutta Italia, di trovare una chiave per conciliare il proprio orientamento sessuale con la fede.


Nel Dicembre 1980 Ferruccio organizzò la prima conferenza su “Fede e Omosessualità” a Ghigo di Prali (Torino), ma si intuì da subito che la dimensione congeniale ai credenti LGBT italiani risultava essere maggiormente quella privata. Ed ecco fiorire, quindi, a macchia di leopardo, gruppi locali, più o meno piccoli, in diverse città d’Italia. Il primo a essere costituito fu “Il Guado”, gruppo gay nato a Milano nel dicembre 1980, grazie al solito Ferruccio e a quattro suoi amici, seguito da “Nuova Proposta” e “La Sorgente” a Roma, da “Fratelli dell’Elpis” a Catania, e molti altri. Iniziarono anche i primi cammini strutturati, come quello proposto da Don Pezzini, inizialmente con il gruppo lombardo “La Fonte”, poi allargato ad altre realtà territoriali. Solo molti anni dopo, a ridosso del World Pride 2000 di Roma, alcuni dei gruppi riuscirono a maturare le condizioni per un timido percorso di visibilità.


Perché è proprio la visibilità il problema principale dei gruppi di preghiera: le accoglienze sono tuttora tiepide e molto spesso condizionate dalla richiesta di invisibilità da parte di alcune diocesi. La procedura per la creazione di un gruppo locale passa attraverso due step, la richiesta alla parrocchia di riferimento di prestare stanze in cui potersi riunire, e quella più ufficiale al Vescovo locale in cui si richiede di poter iniziare un percorso di accompagnamento per persone LGBT. Oggi in Italia i percorsi di fede dedicati a gay credenti sono circa 30 e dislocati su tutto il territorio. Ogni percorso conta una media di 30 fedeli, che si riuniscono a cadenza settimanale o mensile nelle stanze di una parrocchia disposta ad accoglierli piuttosto che in sale di associazioni, laiche e cristiane, di vario tipo. Il cammino di fede è spesso identificato come un “cammino esperienziale”, ovvero incentrato sulla condivisione delle proprie storie personali, arricchita da incontri a tema, esercizi spirituali, studio delle Sacre Scritture e confronti con padri spirituali.


La ricerca di queste figure guida in Italia è tuttora un enorme problema. Ad oggi solo un’equipe composta da due preti e una suora ha deciso di unirsi con lo scopo comune di affrontare tutte quelle cosiddette “ frontiere esistenziali”, nome dato dalla Chiesa Cattolica Romana per individuare problematiche comunitarie per cui viene richiesta una pastorale dedicata. In questa classificazione rientrano anche gli LGBT cattolici. Nel documento “Homosexualitatis problema” (1986), sulla cura pastorale delle persone omosessuali, l’allora arcivescovo Ratzinger riportava che “nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni, nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l’attività omosessuale è immorale” stabilendo, quindi, l’impossibilità, ad esempio, per le parrocchie e le diocesi di ospitare i gruppi di credenti LGBT o pianificare un percorso specifico che includa anche la dimensione affettiva.


Tuttavia, fu proprio a partire da quel documento che ne derivò uno slancio che favorì la nascita di nuovi percorsi nella vita dei gruppi LGBT cristiani.. Nel 2010 per la prima volta, su iniziativa di Gionata.org, il portale di informazione su fede e omosessualità, nato da un’idea di alcuni volontari cattolici LGBT, gruppi e singoli cercarono addirittura di trovare luoghi e contesti per fare rete. Ha luogo così ad Albano Laziale (Roma), presso il Centro dei padri Somaschi “San Girolamo Emiliani", il primo Forum Italiano dei cristiani LGBT che sarà poi organizzato continuativamente, e presso lo stesso luogo, ogni due anni, crescendo sempre nella partecipazione, anche di rappresentanti dell’istituzione.


È questo un periodo estremamente florido da un punto di vista comunitario, come se la tanto discussa “Teologia della Liberazione”, corrente teologica di stampo Latino-Americano nata nel 1968 e basata su un forte richiamo partecipativo-aggregante al fine di combattere fenomeni di oppressione sociale, fosse diventata il caposaldo intellettuale del pensiero LGBT cristiano.


Dobbiamo attendere il 2015 per l’avvento di Cammini di Speranza, la prima e unica associazione nazionale che unisce tutti gruppi LGBT cristiani e gli individui che ne fanno parte. In contemporanea sempre più pastori, religiosi e religiose, e anche parroci, rincuorati forse dall’atteggiamento proposto da Papa Francesco, uscivano allo scoperto e avviavano percorsi di pastorale inclusiva.


La famosa frase di Francesco - “chi sono io per giudicarvi?” – enunciata per la prima volta pubblicamente nella storia millenaria della Chiesa e rivolta alla comunità omosessuale mondiale, ha definitivamente aperto le porte ad un confronto tra il Magistero e il popolo su temi finora tabù, quali le nuove famiglie, le benedizioni per coppie dello stesso sesso, il “peccato” di omosessualità.


L’avvento del papa gesuita ha prodotto numerose veglie di preghiera contro l’omobitransfobia, sempre di più ospitate in parrocchie cattoliche e, addirittura, con il placet del vescovo locale che, in alcuni casi (Palermo, Reggio Emilia e altri) o è direttamente presente o manda un suo messaggio di supporto. Uno dei sintomi più importanti di questa apertura è stata la nomina del gesuita americano padre James Martin a consultore della Segreteria per la comunicazione del Vaticano. Padre Martin, scrittore e divulgatore, è autore di “Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone Lgbt (Marcianum press, 2018): il libro identifica come il Magistero stia favorendo un nuovo atteggiamento pastorale con le persone omosessuali. Questa nuova attitudine ha permesso a molti gay cattolici di ritrovare un motivo valido per mostrarsi e riformulare un percorso di accoglienza, dopo millenni di nascondimenti, esclusioni e accuse. Ma spinta aggregante non è esclusiva dell’Italia. Nel resto del mondo esistono esperienze diversificate: in alcuni casi maggiormente organizzate su base nazionale (Francia, Germania, Stati Uniti), in altri ancora più prudenti per evidenti ragioni (Africa, Est Europa). E nel 1982 nasce a Parigi lo European Forum of LGBT Christians, l’associazione ecumenica europea che unisce i principali gruppi ed associazioni LGBT cristiani del vecchio continente. Nel 2015, a Roma, con successiva formalizzazione a Dachau (Germania) nel 2017, nasce il “Global Network of Rainbow Catholics”, la rete internazionale dei gruppi cattolici arcobaleno. Mentre dal 9 al 13 maggio 2018, presso una struttura religiosa dei castelli romani, ha avuto luogo, per la seconda volta in Italia in 30 anni, la conferenza annuale dello European Forum of LGBT Christians, organizzata e ospitata da Cammini di Speranza e REFO ( Rete Evangelica Fede e Omosessualità): 150 partecipanti da oltre 20 paesi europei.


I programmi degli incontri dei gruppi di cristiani LGBT sono dedicati agli scogli più importanti da superare in un percorso di fede: il dialogo con un rappresentante della Chiesa, l’inclusione o l’esclusione dal nucleo familiare (spesso sono presenti anche i genitori di figli LGBT che condividono i loro sentimenti ed il loro vissuto ), la dimensione di coppia, il rapporto con la sessualità, il superamento del senso di colpa, la definizione del proprio ruolo all’interno della Chiesa, fino alla comprensione e studio della Bibbia. E seppur teologi, pastori evangelici e vescovi offrono le loro testimonianze per raggiungere chiunque si senta lontano dalle chiese, la difficoltà più grande per un percorso di fede con persone LGBT è tuttora il dialogo con la chiesa madre, soprattutto con quella Cattolica Romana. La sua struttura piramidale, e la presenza del Magistero ( unico nel suo genere. Nessun’altra chiesa lo possiede ) produce una visione di un Dio maggiormente punitivo, che emana leggi da rispettare senza possibilità di confronto. Mentre un percorso in un gruppo LGBT cattolico nasce dalla visione opposta, ovvero quella di una chiesa circolare, dove il Vangelo e il modello di Gesù, costruttore di ponti con qualsiasi tipo di diversità, mai giudicante, e sovversivo nei confronti del potere monolitico dottrinale, è il nuovo esempio da seguire.


Don Santoro, parroco della chiesa Madonna della Tosse e della comunità Le Piagge di Firenze, da sempre impegnato nella pastorale delle persone LGBT, rappresenta uno dei tanti esempi sul territorio italiano di pastorali inclusive di questo genere. Don Alessandro è diventato famoso per essere da anni un riferimento per l’accompagnamento delle persone e delle coppie omosessuali o transessuali, figlio di una teologia moderna e seguace di un Vangelo in cui di fronte alla vita si usa solo la parola amore, inteso come vicinanza all’altro e al suo mistero. “Un conto è una comunità basata, costruita e guidata per seguire una dottrina cattolica già presente. Un altro conto è una comunità incentrata su una dottrina da scrivere, proiettata verso una verità da scoprire a partire dalla propria vita, e non basata su una verità già acquisita. Un conto è vivere la religione, un altro è vivere la fede. La religione è come un vestito, puoi trovare anche quello che ti piace tanto, ma la tua vera natura è la nudità”.


“Dio vuole che una persona si liberi e sia liberata e non vuole assolutamente che questo venga impedito. Quindi far entrare queste persone nella nostra comunità, nella nostra pastorale e nella nostra teologia sarebbe un modo per dare giustizia e rispetto a queste dimensioni di amori”. In uno studio condotto dalla psicologa Arianna Petilli, condotto su un campione di 385 persone omosessuali, circa 173 sono risultate essere credenti cattoliche, ma questo 45% non è un dato ancora confermato perché in Italia nessuno ha mai condotto una statistica certificata. Rimane il fatto che i numeri ad oggi dichiarati dalla dott.ssa Petilli rappresentano la consapevolezza di una necessità: i gruppi LGBT credenti esistono e desiderano un dialogo con la loro chiesa. L’incontro di queste realtà genererà una nuova pastorale e un nuovo sapere teologico.

Un Dio fai da te

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Gruppi in Italia

Grafico

Crescita dei gruppi

Schema dell'amore

“La sessualità non è un aspetto limitato, marginale o anche imbarazzante della nostra persona, ma una dimensione fondamentale della nostra identità, una dimensione che Dio ha creato perché la vivessimo con pienezza e integrità” … “nei documenti ufficiali di molte chiese cristiane è ormai presente un accorato interesse pastorale per gay e lesbiche che, viene ribadito, devono essere accolti con amore e rispetto nella comunità di credenti, e non devono subire alcuna forma di discriminazione. Ma l’atteggiamento cambia drasticamente se questi credenti omosessuali, invece di vivere nell’assoluta castità, vivono a fondo la propria umanità anche nella sua dimensione “genitale”, fosse anche all’interno di una vita di coppia monogama, amorevole e rispettosa. Un tale atteggiamento contribuisce a rafforzare una comprensione miope della sessualità, la cui complessità e profondità viene sminuita e limitata al rapporto fisico” Dal libro “Omosessualità” di Gabriella Lettini


La sessualità nella Chiesa Cattolica è un monolite millenario. Una pietra sporca, impura, peccaminosa. L’espressione “vivere nel peccato” ha ancora adesso connotazioni sessuali e rimandi ad una corporeità non voluta, ma incollata al nostro spirito e utile solo a preservarlo nella vita terrena, derivante per lo più dalla cosiddetta “Teologia Rivelata”, corrente che poggia il suo pensiero soltanto sulla parola rivelata da Dio nelle Sacre Scritture, pertanto assolutamente dogmatica. E proprio su questo dogma la Chiesa fonda la propria dottrina sull’amore tra due persone.


Nel testo “Homosexualitatis Problema“ di Ratzinger (1986) l’allora arcivescovo richiama come cardine unico la teologia della creazione, definendo gli esseri umani “creature di Dio e pertanto, chiamati a rispecchiare l’unitarietà del Creatore attraverso lo strumento della complementarità sessuale”, definendo così l’omosessualità come un percorso inutile perché sterile, e quindi contrario al disegno del Creatore. Non solo, Benedetto XVI continua la lettera sottolineando come, per una persona omosessuale, la castità sia l’unico mezzo di auto-determinazione e auto-donazione per vivere all’interno della comunità di fedeli. L’identità omosesessuale, quindi, è agli occhi della Chiesa ancora un demone da espiare, con il quale però si può convivere solo se nella dimensione di un fardello da portare con sé per il resto della vita.


Ma poi arrivò “Amoris Laetitia”.


L’esortazione apostolica sull’amore nella famiglia, voluta da Papa Francesco nel Sinodo 2014-2015, è un vero e proprio trattato, diviso in capitoli e paragrafi dedicati a tutte le dottrine fondamentali riguardanti il tema dell’amore. Il documento segna per la prima volta nella Storia della Chiesa un’apertura nei confronti delle comunità omosessuali. In primis perché vengono nominate, certificandone l’esistenza, e poi perché ad una lettura attenta ne viene fuori uno sguardo sensibile alla pastorale da dedicare a queste comunità, con una netta esortazione al dialogo e al confronto sul tema della sessualità e della vita di coppia. Un’analisi approfondita del testo viene proposta da Damiano Migliorini, filosofo specializzato in scienze religiose, che riporto qui parafrasata, insieme ad alcuni spezzoni a mio avviso utilissimi per una corretta comprensione della sua complessità. Il teologo parte dal concetto di “coscienza ecclesiale”.


La Chiesa possiede come entità una propria coscienza, che cresce nel tempo e si adegua ai tempi, pur mantenendo un approccio dottrinale di stampo conservativo. Infatti l’autore dichiara che non è mai esistito un documento propriamente rivoluzionario, ma semmai delle “maturazioni” dottrinali che dimostrano la fluidità di un’entità in stretto legame con lo Spirito Divino. Amoris Laetitia prende le distanze dal documento sulla pastorale per le persone omosessuali di Ratzinger del 1986, descrivendo un Papa ( Francesco ) estremamente attento a costruirsi una posizione di comunicatore e pacere tra le dottrine ereditate e le nuove consapevolezze teologiche. Migliorini infatti definisce Bergoglio colui che “vuole essere Francesco, rinunciando a mettere la sua soggettività davanti alla funzione che ora ricopre”, ovvero quella di rappresentante del suo Popolo, come se l’attuale Pontefice fosse consapevole mediatore tra le polifonie presenti nella comunità cattolica. Mentre Amoris Laetitia è descritta come un “compromesso sotto gli occhi di tutti”: un dato a favore di questa tesi è il distacco voluto dal Papa nei passi n° 250 e 251, (intitolati “Le persone omosessuali”), dedicati alla certificazione dell’assenza di fondamento alcuno per equiparare le unioni omosessuali al matrimonio. Distacco manifestato attraverso l’utilizzo dialettico del richiamo dei Padri Sinodali che “hanno detto”, “hanno fatto”, “hanno osservato”.


Questa lettura in bilico tra tradizione ed innovazione viene consolidata nei passi che affrontano l’argomento dell’identità sessuale.


Esempio: il passo n° 286 si apre così:
“Non si può nemmeno ignorare che nella configurazione del proprio modo di essere , femminile o maschile, non confluiscono solamente fattori biologici o genetici, ma anche molteplici elementi relativi al temperamento, alla storia familiare, alla cultura, alle esperienze vissute, alla formazione ricevuta, alle influenze di amici, familiari e persone ammirate, e ad altre circostanze concrete che esigono uno sforzo di adattamento. È vero che non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio…Però è anche vero che il maschile ed il femminile non sono qualcosa di rigido”.


Quest’ultima affermazione offre terreno fertile per una discussione sul tema delle identità di genere, perché seppur rigida sul principio “essensialista” e quindi al binomio uomo-donna come unica via per il compimento dell’opera di Dio, rimandando all’assolutismo interpretativo delle Sacre Scritture, in qualche modo dona un nuovo valore all’Uomo fatto carne, perché definisce l’esistenza e l’importanza di un’implicazione psico-socio-culturale sulle nostre identità, che sappiamo essere alla base della teoria del Gender. Anche nei passi n° 172 e 175 la Chiesa rimane categorica riguardo le unioni omosessuali, certificando la necessità di avere all’interno della sfera di crescita di un bambino, la presenza chiara e ben definita delle due figure genitoriali, femminile e maschile, ma nel n° 178 definisce la maternità come “una realtà non esclusivamente biologica, ma che si esprime in diversi modi”.


Riguardo il bisogno sessuale, piacere, ed erotismo non c’è nulla di nuovo rispetto alle posizioni recenti, le tre categorie vengono nettamente distinte. La passione è “buona”, e quindi consona al disegno di Dio, solo se “sublimata all’amore”, cioè priva del suo contenuto egoistico ( la ricerca del piacere fine a se stesso). L’erotismo è la via di mezzo, ed inteso come un sentimento da coltivare perché apre l’individuo ad una conoscenza di sé, conoscenza che matura pienamente solo nel vincolo del matrimonio, ovvero nell’apertura all’altro. Ma nel passo n° 151 si crea una libera interpretazione su una frase di Giovanni Paolo II, enunciata durante una catechesi sulla teologia del corpo umano, in cui l’ex pontefice definisce la corporeità sessuata “ non soltanto sorgente di fecondità e procreazione, ma la capacità di esprimere l’amore”. Quest’ultima analisi data da Migliorini apre la porta ad uno snodo teologico fondamentale per le coppie omosessuali: la “forma generativa”.


L’uomo è costituito da un corpo e da un’anima, due universi che racchiudono rispettivamente una fecondità biologica ed una spirituale, all’interno dello stesso individuo. La forma generativa interviene nell’atto unitario tra due persone, ponendo quindi l’assioma cristiano della “predisposizone procreativa”. Ovvero le due fecondità esistono perché esiste la complementarità sessuale: due persone possono unirsi perché solo insieme ( e perciò solo uomo con donna) possiedono la potenzialità creativa. Ecco perché un matrimonio in cui una donna è sterile ha lo stesso valore, secondo la Chiesa, di un altro fertile; la donna sterile ha in sé quella che Migliorini definisce “la procreatività biologica potenziale”, cioè la possibilità di generare vita. Questo schema teologico definisce l’impossibilità per le coppie omosessuali di unirsi in un matrimonio cristiano, perché sono fuori dal piano di Dio, in cui l’atto sessuale è costituito da un atto unitario insieme ad un atto procreativo. Mancando quest’ultimo la coppia omosessuale è sterile non solo da un punto di vista strutturale ( fecondità biologica ), ma soprattutto dal punto di vista della potenzialità creativa. Per di più, in tale impostazione, se la coppia non conduce vita amorosa ( sessuale ) casta, cade nel peccato perché compie atti sessuali fini a se stessi, egoistici, e quindi non finalizzati alla procreazione.


L’atteggiamento teologico è chiaro. Irremovibile. Difficilmente interpretabile o tantomeno modificabile.


Allora perché nel passo 151, di cui sopra, Giovanni Paolo II permetteva al corpo e all’anima, quindi sia alla fecondità biologica che a quella spirituale, di esprimere amore? E perché, sempre nel passo n°178, si legge “sappiamo che il matrimonio non è stato istituito soltanto per la procreazione”? Ancora nel 149 “la questione è avere la libertà per accettare che il piacere trovi altre forme di espressione nei diversi momenti della vita,secondo le necessità del reciproco amore”. Quali sono, si interroga sempre Migliorini, queste nuove forme di espressione dell’amore? Forse la chiave interpretativa di Amoris Laetitia risiede proprio nel significato generativo del “dono” e dell’incontro con l’altro. La predisposizione alle forme di sostegno e carità (es: le coppie che adottano o i non sposati ), la poliedricità presente all’interno di una comunità, con le sue identità cristiane variegate e le sue diverse manifestazioni di amore creano esse stesse il presupposto per il ribaltamento interno dell’Ordine della Creazione. Se la fecondità spirituale fosse rivestita di un’importanza assoluta rispetto a quella biologica, ridefinendo il predominio materialistico millenario della forma generativa, allora anche un’unione omosessuale potrebbe diventare procreativa, perché genererebbe ( anche teologicamente ) lo stesso amore, sostegno e cura di una coppia etero, entrando in egual modo nel disegno di Dio. È indubbio che Amoris Laetitia certifica la plurarità che contraddistingue la Chiesa attuale ed il distacco sempre più netto dall’assolutismo del Vecchio Testamento. Ed è altrettanto certo che le comunità LGBT cattoliche, attraverso la loro testimonianza di fede libera e di dono incondizionato all’altro, offrono a Roma una seconda chiamata: quella di ristabilire il Vangelo e l’esempio offerto da Gesù come unico modello giusto e perseguibile per un cristiano.


L’analisi di lettura offerta da Damiano Migliorini induce a pensare che qualcosa stia cambiando, che sia in atto un rimescolamento teologico, e che il Magistero si stia già interrogando se le diverse espressioni dell’amore possano realmente diventare un valore aggiunto per l’intera comunità e non una deminutio del credo cattolico. L’unità dottrinale della Chiesa Cattolica Romana si sta trasformando lentamente da pietra impenetrabile a fluido tangibile.

Cloe, Artemisia e Iacopo sono i figli di Andrea Rubera e Dario De Gregorio, responsabili del gruppo LGBT cattolico "Nuova Proposta" di Roma. Nati grazie alla "gestazione per altri" in Canada.

Una famiglia

Guarda intervista ad Andrea e Dario

Situazione internazionale

Interviste realizzate durante il Forum Europeo per i gruppi cristiani LGBT 2018. I personaggi ascoltati, attraverso le proprie esperienze, offrono un quadro generale della situazione internazionale, da un punto vista sia cattolico che protestante.

Guarda intervista a Wielie
Guarda intervista a Elaine
Guarda intervista a Enric
Guarda intervista a Paul

Storie in cammino:
i lottatori

SERGIO

Sergio fa parte del gruppo di Cremona “Alle querce di Mamre” ed è membro anche di Cammini di Speranza. È un ex seminarista. Lo incontro sulla Via Francigena, durante il pellegrinaggio dedicato a persone LGBT credenti. È lui il responsabile e guida del gruppo, ha uno sguardo estremamente paterno, si occupa di tutto, dalle lodi mattutine fino alla cena per la sera. Mentre passeggiamo tra le vie di Sutri, sotto un sole assordante mi racconta di un ragazzo conosciuto nella sua zona.
Voleva salvarlo dai genitori che più volte lo avevano cacciato di casa dopo ripetute sevizie psicologiche. Non accettavano di avere un figlio gay dentro casa. Sergio decise allora di trovargli una sistemazione momentanea, in attesa di poter parlare con la madre del ragazzo. Tutto inutile. Il ragazzo va via e trova un primo rifugio in America dove però non riesce a ricostruirsi una seconda vita. A causa di un’instabilità economica e psicologica il giovane è costretto a tornare in famiglia, ma le sevizie non cessano. Scappa di nuovo e si rifugia a casa di Sergio che però non può ospitarlo per troppo tempo, così gli chiede di tornare nuovamente dai suoi per un breve periodo, e di aspettare una sua chiamata che lo avrebbe portato via da lì definitivamente. Gli occhi di Sergio sono lucidi, il fiato è corto mentre termina il racconto: “ ho un forte rimorso, avrei dovuto tenerlo ancora con me”. Il ragazzo muore una domenica mattina di ritorno dalla messa, ucciso da dodici coltellate inflitte dal padre. “ Adesso sto ristrutturando casa. Voglio che diventi un centro di accoglienza per ragazzi omosessuali diseredati”.


CORRADO

Firenze. Sto seguendo un forum per giovani cristiani LGBT. Sono dentro una stanza all’interno di un convento gestito da suore, seduto su una delle tipiche sedie di legno degli oratori, ci sono libri dappertutto. Su una mensola della libreria c’è la statuina di una sorella con la testa che dondola appena la sfiori. Il tema dell’incontro è “il cammino inclusivo dei genitori con figli LGBT”. Corrado prende in mano la Bibbia e inizia a leggere, il passo scelto è Luca 2, 41-51. Si racconta di un giovanissimo Gesù che scappa dalla famiglia per tre giorni e viene ritrovato nel Tempio di Gerusalemme, seduto in mezzo ai maestri. Corrado fa parte del gruppo “Davide”, un percorso dedicato a genitori cattolici con figli LGBT. Continua la lettura riferendosi allo sconcerto di Maria che ritrova il figlio: “Figlio perché ci hai fatto questo?…ma essi non compresero ciò che aveva detto loro”. Lo spunto biblico serve per affrontare il delicato momento in cui un genitore si ritrova di fronte al coming-out del proprio figlio. Lo definiscono come un “secondo parto”, una nuova nascita, con tutta la sofferenza ed il senso di rinascita che ogni parto porta con sé. Il tempo è la discriminante, come per Maria. Perchè occorre tempo per comprendere appieno quella che Corrado definisce una “chiamata”. È serafico, illuminato mentre affronta la questione davanti a tanti giovani che vivono la stessa situazione che ha vissuto suo figlio. Corrado conosce molto bene il passo del vangelo di Luca perché conosce la sua storia di padre. La racconta con tutto il pathos che solo un amore così carnale misto ad esperienza può avere: “dobbiamo ricordarci che siamo stati figli anche noi, la nostra chiamata è quella di accompagnare chi ci è stato affidato verso un cammino di libertà. I figli non sono nostri. Sono di Dio”.


EDOARDO

Mi viene presentato come “l’intellettuale del gruppo” e dopo pochi secondi capisco il perché. Capelli gellati, camicia bianca a colletto alto, petto all’infuori, jeans stretti sulla coscia, voce impostata con un accento siculo vellutato. Studia Legge e parla già come un avvocato in carriera. Alla veglia contro l’omobitransfobia nella chiesa di San Fulgenzio a Roma partecipa come coordinatore del polo territoriale di Roma di Cammini di Speranza: Nuova Proposta.È l’unico ad indossare giacca e cravatta. È quello che dirige il coro. È il primo a prendere parola al microfono per raccontare la sua esperienza. Pochi mesi dopo è lui che decide di esporsi per primo durante un workshop sulla sessualità. È sempre Edoardo che mi offre un consiglio su come gestire una situazione delicata con un parroco giustamente urtato da una mia pubblicazione sul tema. Mi sono sempre chiesto come facesse ad essere così fiero, così giusto. Così libero. Poi un giorno, mentre stavo cercando materiale per i miei scritti, mi imbatto in un pezzo di una lettera firmata dal padre di Edoardo, pubblicata da lui stesso per la campagna “chiesaascoltaci” ( la riporto qui, convinto possa essere utile ad altri ): “Non è cambiato nulla, ti ho sempre detto che l’unico mondo vero e pieno di amore è la famiglia, la tua famiglia. Dovremmo essere ancora più forti per affrontare il mondo i pregiudizi, le difficoltà che saranno tante, pesanti e difficili. Ce la faremo, c’è la faremo con l’amore, la forza e gli indissolubili sentimenti che ci uniscono e che nessuno potrà mai distruggere. Anche per te e la persona che eventualmente incontrerai, valgono le stesse regole che esistono per un uomo e una donna: rispetto, aiuto reciproco, serietà, dignità, consapevolezza di dover fare un percorso insieme che ti aiuti a superare tutte le difficoltà della vita”. Solo lì comprendo chi è Edoardo.


FRANCHINA

Quartiere di San Berillo, Catania. Una porta sgangherata dipinta rosso sangue con una croce disegnata al centro. Il richiamo al segno biblico della piaga dei primogeniti d’Egitto è impressionante. Mi aspetta lì, davanti la porta. È un uomo, ma è vestita da donna. Si chiama Francesco, ma la conoscono tutti come Franchina. Si prostituisce nel quartiere insieme ad altre trans da quasi 40 anni, in una via dove il legame tra fede e omosessualità lo senti come un profumo troppo spruzzato. Prostitute devote, cappelle affianco a bordelli a cielo aperto, messe frequentate da trans, case piene di reliquie comprate al mercato nero. Franchina mi guida tra le strade di San Berillo. Mi fa vedere dove lavora: un corridoio e due stanze: “ quella più piccola è dove accolgo i clienti, l’altra in fondo la uso come magazzino, ma prima era la cappella del quartiere” – mi guarda – “Sì…lì è dove facevamo messa”. La prima volta che la incontrai fu in una chiesa di Palermo, durante un convegno sul tema fede e omosessualità organizzato dal gruppo LGBT Fratelli Dell’Elpìs di Catania. Era stata chiamata per raccontare la sua storia di prostituta credente. Rimasi incantato. Franchina era e sarà sempre per me John Coffey del Miglio Verde, un misto di teologia e vita da strada, di paura e dono. Una cosa soprannaturale.

Potrei scrivere un libro su di lei ( un giorno lo farò ) e raccontarvi mille storie incredibili, ma quell’aneddoto non lo scorderò mai. Mi avevo dato appuntamento nel quartiere dopo cena. La trovai seduta sull’uscio della sua porta, con le gambe incrociate appoggiate sullo schienale della sedia. Calze a rete nere e tubino aperto sul petto villoso. Capelli biondo cenere ed una pelle scavata. Affianco a lei la bombola del gas che dava vita ad una piccola stufetta, con su poggiato un libro dal titolo: “Dire, fare, baciare..il lettore e la Bibbia”. Mi carica sulla sua macchina e partiamo, destinazione: il santuario della Madonna della Roccia di Belpasso. Mi ricordo solo il buio. Buio ovunque. L’unica cosa illuminata era la statua della Madonna ad altezza naturale issata all’interno di un cupolone di vetro. Inizio a fare qualche foto, e ovviamente mi perdo. La ritrovo davanti la statua bianca a pregare in ginocchio. Poco dopo mi invita a seguirla nella Via Crucis che fanno i pellegrini quando arrivano in questo posto. Lo percorriamo insieme facendo il rosario, la luce della luna è l’unica che mi permette di riconoscere a malapena la sua sagoma affianco alla mia. Ho un po’ di paura. Lei invece ride “ Maaaaadre…che cagasotto che sei!”. Continuiamo per una buona mezzora fino ad una grotta che immagino essere la fine del pellegrinaggio. Si vede mezza Sicilia illuminata all’orizzonte. “ Una volta aspettavo un cliente, di quelli fissi. Quelli a cui non puoi dire di no insomma. Poi gira l’angolo un ragazzo giovanissimo che si dirige diritto verso di me, non mi saluta nemmeno, entra e chiude la porta. Andiamo nella cameretta, si siede sul letto e inizia a piangere. Mi chiede di abbracciarlo. Di abbracciarlo e basta! Lo guardo un attimo per capire se è matto o cosa. E lui – sono appena uscito di prigione, e nessuno mi ha mai più abbracciato in questi ultimi anni - ”. Franchina continua : “ Sai Simone…questo lavoro non riesco a lasciarlo…ma Gesù era lì, in quell’abbraccio. Seduto affianco a me”.


“La particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata oggettivamente disordinata” Joseph Card. Ratzinger – Prefetto
Alberto Bovone – Arc. Tit. di Cesarea di Numidia – Segretario
1° Ottobre 1986


Oggettivamente disordinati. Questa è la definizione con cui la Chiesa di Roma tuttora identifica le persone omosessuali. E se tale persona è anche credente? Nei percorsi di fede non mancano accompagnamenti psicologici per affrontare i tanti traumi che una persona LGBT cristiana è costretta a subire nel corso della propria vita. Sindromi da abbandono familiare, solitudine, rifiuto della propria identità, fino a stati ansiosi depressivi, causati anche dalle cosiddette terapie “riparative” o “di conversione” , trattamenti pseudoscientifici, ideati da Joseph Nicolosi, mirati a modificare l’orientamento sessuale di un individuo.
Lo psicologo statunitense credeva che:
“l'attrazione per il proprio sesso non sia una scelta e che sia causata da diversi fattori, compresi fattori ambientali quali un genitore del proprio sesso assente o distante, iper-coinvolgimento con un genitore del sesso opposto, abuso sessuale, esposizione precoce alla pornografia o ad un linguaggio sessuale, brutte esperienze con attività specifiche per il proprio sesso, isolamento da coetanei dello stesso sesso, od umiliazione verbale in tenera età”.
E chiamava questi soggetti strugglers - "lottatori".
Questa pratica, ormai abolita perché dichiarata pericolosa e assolutamente infondata da un punto scientifico, ha causato nel corso dei decenni danni irreparabili fino a numerosi casi di suicidio.
L’OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità) il 17 Maggio 1990 decise di eliminare l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, definendola “ una variante naturale del comportamento umano”, ma Il Magistero non ha ancora convertito ufficialmente il suo atteggiamento a riguardo, ed il senso di colpa è un sentimento con cui molto spesso un credente LGBT deve fare i conti lungo il proprio percorso spirituale e umano. In un articolo uscito su il settimanale L’Espresso nell’Aprile 2018, il noto biblista e teologo Alberto Maggi racconta di quando un suo intervento nel programma Uno Mattina salvò la vita ad un ragazzo omosessuale cattolico che, in procinto di suicidarsi nella sua stanza, aveva acceso la tv ad alto volume (per non farsi sentire dai genitori) proprio su Rai Uno. La posizione conservatrice ed irremovibile enunciata nella lettera di Ratzinger nel 1986 ha prodotto un grande flusso migratorio religioso, con decine di conversioni verso chiese più aperte come quelle Protestanti, in cui l’accoglienza di ogni genere di diversità è la base fondante della comunità. Anche gli abbandoni di percorsi seminaristici trovano nelle dichiarazioni delle encicliche una profonda giustificazione. Ancora oggi assistiamo a fenomeni di esorcismo, come quello di Cristiano ( nome di fantasia ), che viene spedito dai nonni in convento con la speranza di reprimere la propria omosessualità. Lì rimane per dieci anni, fino a quando non fugge dopo aver subito una pratica di esorcismo perché vittima, secondo le monache, della possessione di “Asmodeo”, demonio biblico ebraico della lussuria, appartenente alla “gerarchia degli Angeli di Satana”.
Uno studio della nota psicologa Arianna Petilli, consulente del portale Gionata.org ed esperta delle problematiche riferite all’identità LGBT, nei suoi studi parla di “omofobia interiorizzata”: una condizione derivante dall’omofobia sociale che porta chi vive questi drammi a credere di essere malato e pertanto scomodo e inutile alla comunità stessa. In millenni di Storia la dottrina cattolica ha contribuito ad una lunga fase di incomprensione e fraintendimento sul tema, favorendo fenomeni di esclusione sociale e ghettizzazioni, relegando chi vive un’identità di genere e sessuale diversa da quella comunemente conosciuta e “riconosciuta” ad un nascondimento continuo e forzato, negando di fatto il valore assoluto del diritto spirituale dell’individuo. Certamente Il Concilio Vaticano II, una riunione di tutti i vescovi del mondo per aggiornare le dottrine cattoliche e avvicinare la chiesa al mondo contemporaneo, ha segnato il primo tentativo di modernizzazione nella Storia della Chiesa Cattolica.


Infatti l’ultimo documento emesso dal Concilio, il 7 dicembre del 1965, promosso da Papa Paolo VI, successo nel 1963 all’autore del Concilio, Giovanni XXIII ( Il Papa Buono), fu intitolato “Gaudium et Spes”: un’enciclica che afferma il principio ermeneutico: Gesù è il punto di partenza per comprendere l'umano. Un metodo induttivo che ricerca una dimensione ascetica dell’uomo a partire dalla Natura. Per la prima volta la Chiesa si mise in dialogo con il mondo a partire dall'antropologia, indicando l'uomo come via fondamentale della Chiesa.


A commento del documento riporto una lettera scritta nel 2015 da Andrea Rubera, portavoce dell’Associazione Cammini di Speranza: “Perciò la dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere…
Leggendo questi estratti della Gaudium et Spes, scritti 50 anni fa, ci si dovrebbe immaginare la piena realizzazione, oggi, di una Chiesa che sa di essere pienamente inserita in un mondo che è cambiato, che non pone al primo posto il giudizio e il rimprovero, ma che con serena sincerità vuole porsi al servizio di tutta l’umanità. L’inizio del pontificato di papa Francesco sembra inaugurare l’avvento della profezia della Gaudium et Spes. Il richiamo alla vicinanza dei pastori con le pecore, alla partecipazione, alla sospensione del giudizio, al guardare all’altro con amore e curiosità vanno in questa direzione.
Tuttavia, non posso non notare che al momento questo “inizio” si è fermato alla sola “rivoluzione semantica” di cui non nego comunque il valore. E’ un primo passo ma non sufficiente per infondere nelle persone omosessuali e transessuali quella gioia e speranza che sono il motore della vita che nel Vangelo ci è stata promessa “in abbondanza”, e consentire loro di emanciparsi da quella condizione, a volte catacombale, di “attesa”, di promuovere la propria esistenza come contributo alla crescita dell’intera comunità dei fedeli. Al momento, credo sia noto a tutti, non esiste alcuna pastorale specifica per le persone omosessuali e transessuali. Non esiste neanche formazione per i pastori. Tutto è confinato ad un limbo, ad un silenzio assordante. Persone che vivono profondamente una condizione troppo lunga e ignorata o trattata sbrigativamente come un residuale elemento di disordine e di incoerenza in gran parte inspiegabile. Le persone omosessuali e transessuali credenti, a partire dagli anni ’80, hanno cercato di trovare una soluzione creandosi posti dove poter autogestire il proprio cammino di riconciliazione tra due aspetti fondamentali come fede e orientamento sessuale. Purtroppo, però, con un’inevitabile processo di alienazione forzata dal resto della comunità di riferimento.”.


E proprio seguendo i dettami del Gaudium et Spes che prende fondamento la richiesta delle comunità LGBT cristiane di “scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo”, riformulando il concetto di Natura, ridisegnando i confini dell’amore, modernizzando il linguaggio pastorale per un corretto dialogo tra le diversità. Partendo dalla libertà di coscienza, tanto sottolineata nel documento, come la capacità dell’intelletto umano di saper discernere sulla propria vita, pur seguendo il modello cristiano come unico, giusto ed indissolubile.


Riformulare la dialettica e l’esegesi permette così un avvicinamento di tutte le sofferenze inflitte da millenni di silenzi, permette di ritrovare il valore dello “scopo”, del “ruolo” individuale e comunitario, come valore assoluto di un percorso di fede.


Nel Giugno 2018 Juan Carlos Cruz, un sopravvissuto degli abusi sessuali del clero, ha riportato sul quotidiano spagnolo El Pais che, durante un colloquio privato con Papa Francesco, il sommo pontefice gli avrebbe detto le seguenti parole:
“Dio ti ha reso gay e ti ha amato. Non importa che tu sia gay. Dio ti ha fatto così e ti ama così e non mi interessa. Il Papa ti ama così. Devi essere felice per chi sei".
La vita e l’anima delle persone LGBT credenti meritano queste parole.

La storia di Valentina

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Gianni Ceraci

Portavoce del Coordinamento Gruppi Omosessuali Cristiani in Italia e membro de "Il Guado", gruppo gay nato nel 1981 è il gruppo di gay cristiani più antico d'Italia. Da giovane Gianni subì le cosiddette “terapie riparative”, un percorso psicologico ormai bandito dall'OMS (Organismo Mondiale della Sanità) che aveva lo scopo di "curare" l'omosessualità.


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Don Barbero

Don Franco Barbero, 79 anni, ordinato sacerdote nel 1963, sposò la prima coppia omosessuale il 04 febbraio 1978 nella sua comunità di Base di Pinerolo (TO) contro il volere della Chiesa di Roma. Da allora ha ricevuto 13 richiami e subito 4 processi fino alla scomunica definitiva voluta da Papa G.Paolo II nel 2003. Continua la sua attività pastorale da laico.

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Rèlígo:  Il termine “religione” non presenta corrispondenze nelle altre lingue antiche di origine indoeuropea.
Le due etimologie più accreditate sono da riferirsi a Cicerone ( I sec, a.C.) e Lattanzio ( II sec. d.C.), che riflettono il passaggio dalla cultura calssica a quella cristiana.
Il primo collega infatti “religio” al verbo “relègo” (re + lego) ossia “raccolgo”, “ripercorro”, che ha insito il significato di sudditanza e scrupolo rispetto alla divinità. Il secondo invece fa derivare “religio” da “relìgo” che significa “stringo”, “lego”, proponendo una concezione della religione come legame di fedeltà e dipendenza stretta di fronte a Dio.

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Rèlígo è un viaggio tra le comunità LGBT credenti italiane, con lo scopo di analizzare il tema dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere all’interno delle Chiese Cristiane, attraverso un percorso che si snoda in 3 distinti output: un web-reportage, una mostra, un libro. Un progetto del fotografo documentarista Simone Cerio, finanziato dall’Associazione Cammini di Speranza.

Religo.it, ospitato anche all’interno del sito camminidisperanza.org, è stato ideato per creare una connessione diretta e accessibile tra le comunità LGBT credenti italiane ed internazionali. Nel corso di 5 anni di ricerca sono stati raccolti materiali audio, video, foto e documenti con la finalità di offrire una visione approfondita sul tema. Chi vive questa chiamata, chi si sente isolato o escluso può trovare all’interno del sito storie personali in cui immedesimarsi, approfondimenti da leggere e visioni di esperti da ascoltare.

“Ho scelto un’atmosfera raccolta nelle fotografie, perché questo è stato il mio percorso nelle loro vite. Felice, Gianni, Andrea e Dario, Fabio, Edoardo, Matteo, Giulia, Franchina, Valentina e tutti i miei Virgilio hanno mostrato prima di ogni cosa il lato delicato, intimo, e fragile della loro vita da credenti LGBT“
Simone Cerio